LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA 
 
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  nella  causa  promossa  in
appello con ricorso depositato in data 28.08.2008 P-C RG n°  665/2008
da: Sella Daniela col patrocinio  dell'Avv.  to  Fulvio  Carollo  per
mandato in ricorso d'Appello  -  appellante  -  contro  I.N.P.S.  col
patrocinio dell'Avv.to A. Tomasello per procura generale alle liti  -
appellata  -  avverso  la  sentenza  del  Tribunale  di  Vicenza  nr.
219/2007. 
    La Corte, nella composizione di cui  a  verbale  di  udienza  del
21-2-2012 (Presidente dott.  Roberto  Santoro,  Consigliere  relatore
dott. Gaetano Campo, Consigliere Linalisa Cavallino), sciogliendo  la
riserva ivi espressa, osserva quanto segue. 
    I dati in fatto non sono controversi. 
    La signora Sella ha lavorato presso la societa' Worldgem  s.p.a.,
impresa utilizzatrice, dal 19 giugno al 31 dicembre 2000, in forza di
un contratto di  lavoro  temporaneo,  stipulato  ai  sensi  della  l.
196\1997, sottoscritto con l'agenzia LT Lavoro Temporaneo s.p.a. 
    Il contratto e' stato prorogato fino al 31 marzo 2001. 
    Alla scadenza e' stato stipulato un  nuovo  contratto  di  lavoro
temporaneo con scadenza al 31 gennaio 2002, successivamente prorogato
fino al 31 dicembre 2002 (cfr. documenti da 1 a 4 allegati al ricorso
di primo grado). 
    In data 2 agosto 2002  la  lavoratrice  e'  stata  assunta  dalla
impresa utilizzatrice con contratto di lavoro a tempo  indeterminato,
con inizio  del  rapporto  fissato  al  2  settembre  2002,  fino  al
licenziamento avvenuto  il  30  aprile  2003  (cfr.  documento  n.  5
allegato al ricorso di primo grado). 
    In  data  2  maggio  2003  la  lavoratrice  ha  chiesto  all'INPS
l'erogazione della indennita' di mobilita',  ma  la  sua  domanda  e'
stata respinta. 
    La domanda oggetto  del  giudizio  si  fonda  sull'applicabilita'
anche alla concreta situazione dell'appellante  della  norma  di  cui
all'art. 16 l. 223\1991. La norma in esame riconosce il diritto  alla
indennita' di mobilita' solo ai lavoratori che siano  stati  occupati
alle dipendenze della impresa ammessa alla mobilita'  per  almeno  12
mesi, di cui  almeno  sei  di  lavoro  effettivamente  prestato,  ivi
compresi i periodi di sospensione  del  lavoro  derivanti  da  ferie,
festivita' e  infortuni,  con  un  rapporto  di  lavoro  a  carattere
continuativo e comunque non a termine. 
    Nel caso in esame la  sentenza  di  primo  grado  ha  escluso  la
possibilita' di computare in questo  periodo  quello  lavorato  dalla
ricorrente presso l'impresa utilizzatrice in forza  di  contratti  di
lavoro interinale. 
    In sostanza, computando anche il periodo  prestato  in  forza  di
quest'ultimo tipo di  rapporto,  la  lavoratrice  rientrerebbe  nella
previsione  dell'art.  16 l.   223\1991,   in   quanto   risulterebbe
dipendente con contratto di lavoro a tempo  indeterminato  alla  data
della messa in mobilita' e  avrebbe  prestato  la  propria  attivita'
presso l'impresa da almeno dodici mesi continuativi. 
    In questa accezione, risulterebbe sussistente anche il  requisito
della continuita' del rapporto, dal  momento  che  il  passaggio  dal
contratto di lavoro interinale  a  quello  subordinato  alle  dirette
dipendenze dell'impresa e' avvenuto senza soluzione di continuita'. 
    All'epoca della formulazione della norma nel  nostro  ordinamento
non esistevano figure di rapporti di lavoro  subordinato  diverse  da
quelle tradizionali del contratto a tempo  determinato,  disciplinato
all'epoca dalla 1. 230\1962, che lo ammetteva solo in alcune  ipotesi
eccezionali, e del contratto a tempo indeterminato, dal  momento  che
l'utilizzazione di manodopera da parte di soggetto diverso dal datore
di  lavoro  formale  era  disciplinata  dalla  1.  1369\1960  e   non
esistevano  forme  diverse   riconducibili   all'area,   di   origine
extragiuridica, della cosiddetta "flessibilita'". 
    Nel quadro  normativo  che  e'  stato  sommariamente  richiamato,
l'art.  16  1.  223\1991,  nell'escludere  dal  proprio   ambito   di
applicazione i rapporti di lavoro fondati su  un  contratto  a  tempo
determinato, mirava a escludere  ipotesi  di  ricorso  fraudolento  a
questo tipo di contratto, al solo scopo di includere i lavoratori nei
benefici riconosciuti a seguito della messa in mobilita'. 
    Gli  attuali  problemi  applicativi  della  norma,  come   quelli
prospettati nella vicenda oggetto di  causa,  devono  necessariamente
tenere conto del mutato quadro normativo, che ha visto l'introduzione
progressiva, a partire dalla  1.  197\1996,  di  forme  legittime  di
utilizzazione di lavoratori dipendenti da agenzie di  lavoro  a  cio'
autorizzate,  con  la  creazione  di  forme  legittime   di   diversa
imputazione dei rapporti di lavoro subordinato, riferibili sul  piano
formale  ad  una  agenzia  di  lavoro   e   sul   piano   sostanziale
all'effettivo utilizzatore della prestazione lavorativa. 
    Il rapporto di lavoro tra l'appellante e la Worldgem s.p.a. si e'
svolto, nel periodo dal 19-6-2000 al 30-8-2002,  proprio  nell'ambito
della disciplina dettata dalla l. 197\1996. 
    In  sostanza,  l'appellante  e'  stata   dipendente   di   Lavoro
Temporaneo s.p.a.  e  utilizzata  da  Worldgem  s.p.a.  in  forza  di
contratto di lavoro temporaneo. Successivamente, senza  soluzione  di
continuita', a partire dal 2-9-2002, l'appellante e' stata assunta da
Worldgem  s.p.a.  in  forza  di   contratto   di   lavoro   a   tempo
indeterminato,  fino  alla  data  del  licenziamento,   avvenuto   il
30-4-2003. 
    Si  tratta  a  questo  punto  di  verificare  se  la   situazione
dell'appellante, formalmente al di fuori dell'ambito di  applicazione
della norma,  sia  compatibile  con  i  principi  costituzionali,  in
particolare quello enunciato dall'art. 3. 
    A questo  proposito  occorre  muovere  dalla  peculiarita'  della
posizione che nel  mercato  del  lavoro,  e  quindi  nell'ordinamento
giuridico non solo nazionale ma anche  europeo,  hanno  i  lavoratori
dipendenti da una agenzia di lavoro interinale. 
    La loro situazione e' infatti oggetto di una specifica  direttiva
comunitaria, la n. 104\2008\CE, attuata in  Italia  con  il  D.  Lgs.
24\2012. 
    Tanto la disciplina comunitaria che quella  nazionale  rispondono
al  principio  della  identita'  delle  condizioni  di  lavoro  e  di
occupazione tra lavoratori interinali e quelli impiegati direttamente
dall'utilizzatore, come  si  esprime  il  considerando  n.  14  della
direttiva, per cui "Le condizioni di base di lavoro  e  d'occupazione
applicabili  ai  lavoratori  tramite  agenzia  interinale  dovrebbero
essere almeno identiche  a  quelle  che  si  applicherebbero  a  tali
lavoratori   se   fossero   direttamente    impiegati    dall'impresa
utilizzatrice per svolgervi lo stesso lavoro.", e l'art. 23  D.  Lgs.
276\2003, come modificato dall'art. 7 D. Lgs. 24\2012, per  cui  "Per
tutta la durata della missione presso un utilizzatore,  i  lavoratori
dipendenti dal somministratore hanno diritto a condizioni di base  di
lavoro e d'occupazione complessivamente non inferiori  a  quelle  dei
dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parita'  di  mansioni
svolte". 
    Occorre inoltre rilevare come tanto la direttiva comunitaria  che
la norma di attuazione nazionale, che  ha  sul  punto  modificato  la
formulazione dell'art. 23 D. Lgs. 276\2003, prevedono il diritto  del
lavoratore  interinale,  o   somministrato,   di   essere   informato
dall'utilizzatore dei posti vacanti, in  modo  da  poter  concorrere,
unitamente ai dipendenti di quest'ultimo, a ricoprire quei posti  con
contratto di lavoro a tempo  indeterminato  (cfr.  art.  23  D.  lgs.
ultimo comma, come modificato dall'art. 7 D.  Lgs.  24\2012;  art.  6
direttiva 104\2008). 
    Va poi rilevato che l'art. 6 comma 2 della direttiva  vieta  agli
Stati di  adottare  norme  che  impediscano  la  stipulazione  di  un
contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l'impresa utilizzatrice
e il lavoratore interinale, al termine della missione. 
    Le norme richiamate sono particolarmente  rilevanti  anche  nella
fattispecie in esame, laddove affermano da un lato  il  principio  di
parita'  di  trattamento  tra  lavoratori  interinali  e   lavoratori
direttamente dipendenti dalle imprese  utilizzatrici,  non  solo  nei
trattamenti base, ma anche nelle forme di accesso ai servizi  offerti
da  queste  ultime,  e  dall'altro  quando  evidenziano  la  tendenza
normativa a favorire quei  percorsi  di  inserimento  del  lavoratore
interinale presso l'azienda utilizzatrice. 
    In sostanza, la vicenda di  cui  e'  causa  si  caratterizza  per
essere inserita proprio  nel  percorso  di  inserimento  nell'impresa
utilizzatrice e di stabilizzazione del rapporto di  lavoro  delineato
dalla direttiva comunitaria e dalla legge  nazionale  di  attuazione,
nel senso che, al  termine  della  missione,  l'appellante  e'  stata
assunta dall'impresa utilizzatrice con contratto di  lavoro  a  tempo
indeterminato. 
    Proprio le peculiarita' del rapporto di lavoro tra l'appellante e
l'impresa utilizzatrice e la disciplina conseguente dettata tanto sul
terreno comunitario che su quello nazionale, portano a dubitare della
legittimita' costituzionale dell'art. 16 l. 223\1991, nella parte  in
cui escludono  dal  beneficio  della  indennita'  di  mobilita'  quei
lavoratori che, pur potendo vantare un periodo di attivita' aziendale
continuativa di dodici mesi, si trovino nella condizione di  imputare
formalmente parte di questo periodo ad un rapporto con una agenzia di
lavoro interinale. 
    A questo proposito occorre rilevare come la stessa giurisprudenza
di  legittimita',  a  proposito  dell'applicazione  della  norma   ai
lavoratori a domicilio, abbia sottolineato la centralita' che,  nella
individuazione  dell'ambito  di  applicazione  della  norma,  ha   il
riferimento alla anzianita' "aziendale". 
    La Corte di cassazione ha infatti  messo  in  evidenza  come  con
questa locuzione la norma  si  riferisca  non  al  dato  topografico,
costituito dal luogo di svolgimento della prestazione lavorativa,  ma
al suo coordinamento con il ciclo produttivo  aziendale,  qualificato
tanto  dall'elemento  della   collaborazione   che   dall'inserimento
dell'attivita' lavorativa nel contesto dell'organizzazione d'impresa,
attraverso l'esecuzione di lavorazioni  analoghe  o  complementari  a
quelle tipiche  dell'impresa  utilizzatrice  (cfr.  Cass.  8221\2000;
Cass. 6150\1999). 
    Questi richiami consentono quindi di ritenere che  la  situazione
del lavoratore temporaneo che  sia  stato  stabilizzato  dall'impresa
utilizzatrice attraverso la stipulazione di un contratto di lavoro  a
tempo  indeterminato  non  possa  essere  equiparata  a  quella   del
lavoratore dipendente in  forza  di  un  contratto  a  carattere  non
continuativo o a termine. 
    La situazione del lavoratore interinale  successivamente  assunto
con  contratto  di  lavoro   a   tempo   indeterminato   dall'impresa
utilizzatrice  e'  infatti  caratterizzata   dalla   riconducibilita'
dell'intera  attivita'  lavorativa  alla  stessa  realta'  aziendale,
secondo quelle caratteristiche di collaborazione e di inserimento nel
ciclo produttivo dell'impresa gia' valorizzate  dalla  giurisprudenza
di legittimita'  richiamata,  mentre  la  successiva  assunzione  con
contratto di lavoro a tempo indeterminato risponde a quella  esigenza
di stabilizzazione dei rapporti di lavoro interinale che e' alla base
della legislazione comunitaria e nazionale. 
    In questa prospettiva, l'art. 16 1. 223\1991, nella parte in  cui
esclude per i  lavoratori  interinali,  successivamente  assunti  con
contratto di lavoro a tempo interminato, la possibilita' di  cumulare
nell'anzianita'  aziendale  utile  ai  fini  del  riconoscimento  del
diritto alla indennita' di mobilita' anche  il  periodo  prestato  in
forza del contratto di lavoro interinale, si pone  in  contrasto  con
l'art. 3 della Costituzione, creando una situazione irragionevolmente
distinta da quella dei lavoratori subordinati a tempo  indeterminato,
che invece  quel  beneficio  si  vedono  riconosciuto  a  parita'  di
anzianita' di servizio effettivamente prestato a favore dell'impresa. 
    In sostanza, la situazione dei lavoratori assunti con contratto a
tempo indeterminato a seguito  di  un  periodo  svolto  in  forza  di
contratto di lavoro interinale viene  ad  essere  ingiustificatamente
differenziata rispetto a quella dei lavoratori a tempo  indeterminato
di pari anzianita' lavorativa all'interno dell'azienda,  determinando
cosi' l'ingiustificata esclusione del beneficio oggetto di causa  per
i primi, pur in forza di principi che tendono ad  assicurare  parita'
di trattamento all'interno dell'impresa utilizzatrice ed  a  favorire
la stabilizzazione dei rapporti di lavoro interinali. 
    In questo senso la giurisprudenza costituzionale  ha  piu'  volte
affermato  il  principio  di  parita'  di  trattamento   in   materia
previdenziale e assistenziale, tutte le volte in  cui  le  disparita'
derivanti  dalla  legge  ordinarie  sono  state  ritenute  prive   di
ragionevolezza (cfr. sentenze 108\1977; 103\1968; 369\1985). 
    A  questo  proposito  occorre  rilevare  come,   nella   sentenza
121\2006, relativa alla estensione della indennita' di disoccupazione
spettante ai lavoratori a tempo parziale verticale  ai  lavoratori  a
termine, la Corte abbia  sottolineato,  anche  con  riferimento  alla
tutela di cui all'art. 38  della  Costituzione,  la  centralita'  del
requisito della  persistenza  del  rapporto  di  lavoro  della  prima
categoria, quale elemento sufficiente a fondare una piu' ampia tutela
contro la disoccupazione, evidenziando in questo  modo  la  rilevanza
che, ai fini delle  tutele  costituzionali,  ha  il  requisito  della
continuita' del rapporto e della prestazione lavorativa. 
    La norma di cui all'art. 16 1. 223\1991 contrasta poi con  l'art.
38 della Costituzione, escludendo  irragionevolmente  la  continuita'
del rapporto di  lavoro  quale  elemento  fondante  il  diritto  alla
indennita' di mobilita' ai lavoratori temporanei il cui rapporto  sia
stato successivamente  stabilizzato.  A  questo  proposito  la  Corte
costituzionale ha sottolineato che la tutela di cui all'art. 38 della
Costituzione non puo' privare di tutela lavoratori che si trovino  in
situazioni simili. 
    Va infatti considerato che la sentenza  285\2003,  nell'escludere
l'incostituzionalita' dell'art. 111. 223\1991 per i lavoratori edili,
ha in ogni caso sottolineato proprio la specificita' della disciplina
dettata per questi lavoratori, specificita' che non si riscontra  per
i  lavoratori  interinali,   mettendo   tuttavia   in   evidenza   le
caratteristiche di prestazione a carattere generale della  indennita'
di mobilita', che deve pertanto spettare a tutti i lavoratori che  si
trovino in situazioni analoghe. 
    La questione di costituzionalita' dell'art. 16  1.  223\1991  non
appare quindi manifestamente infondata  in  quanto,  in  forza  della
formulazione della norma e dell'assenza  di  specifiche  disposizioni
previste dalla disciplina comunitaria e nazionale in materia, non  e'
possibile sopperire alla lacuna normativa  attraverso  una  attivita'
interpretativa costituzionalmente orientata, e risulta rilevante,  in
quanto il riconoscimento del diritto  azionato  in  giudizio  dipende
direttamente  dalla  soluzione  della  questione   prospettata,   con
specifico riferimento alla possibilita' di computare nel  periodo  di
anzianita' aziendale utile per il riconoscimento della indennita'  di
mobilita' anche il periodo prestato in forza di un rapporto di lavoro
interinale. 
    Non si puo', infine, ritenere, che la  prospettata  questione  di
incostituzionalita' sia priva di rilevanza per mancanza  di  verifica
su  ulteriori  presupposti  necessari  per  quanto  richiesto   dalla
ricorrente. 
    Infatti, allo stesso modo,  con  la  sentenza  6\1999,  la  Corte
Costituzionale,  con  riferimento  alla  disciplina  dell'art.  6  1.
223\1991  e  alla  copertura  contributiva,  ha  affermato  la  piena
legittimita' di un sistema che consenta l'accertamento  a  posteriori
dei presupposti per il riconoscimento della indennita' di mobilita'.